Flashback AFC Champions League: Al-Hilal bestia nera delle giapponesi

Mentre alla fine di questo 2021 l’Al-Hilal diventa la prima e unica squadra asiatica nella storia a festeggiare la conquista della quarta AFC Champions League vinta 2-0 contro il Pohang Steelers, andiamo a guardare indietro alle volte in cui squadre saudite e giapponesi si sono affrontate in finale.

La prima volta è stata nel 1986 durante il turno finale della competizione che aveva visto qualificate oltre al Furukawa Electric (oggi JEF United Chiba) e l’Al-Hilal, anche i cinesi del Liaoning (squadra scomparsa nel 2020) e gli iraqeni dell’Al-Talaba. Nella prima partita del 26 dicembre, a Riyad i giapponesi affrontarono proprio i sauditi vincendo 4-3 per poi battere nelle giornate seguenti 2-0 l’Al-Talaba il 28 dicembre 2 1-0 il Liaoning il 30 dicembre concludendo il girone con il pieno di 6 punti a discapito dei 4 ottenuti dall’Al-Hilal. Così, trascinato dalle sette reti della coppia d’attacco costituita da Hiroshi Yoshida e dall’Imperatore Yasuhiko Okudera, il JEF United Chiba divenne il primo club giapponese a conquistare un trofeo internazionale.

Yasuhiko Okudera con la maglia dello JEF United Chiba

La seconda finale nippo-saudita si giocò nuovamente l’anno successivo con la svolta dello Yomiuri (oggi Tokyo Verdy) che arrivò in finale contro l’Al-Hilal. La sfida d’andata si sarebbe dovuta giocare il 23 gennaio 1988 al Mitsuzawa Stadium di Yokohama ma la squadra saudita si ritirò a causa di alcuni dissensi con l’AFC in merito ai direttori di gara e al luogo designati per l’incontro e il trofeo venne assegnato ai nipponici.

Poi, a parte la parentesi del 1989-1990 che vide la Nissan Motors (oggi Yokohama Marinos) venire sconfitta per 3-2 in finale contro il Liaoning, si dovette attendere soltanto il 1999 per rivedere vincere la coppa da una squadra giapponese: il Jubilo Iwata, grazie alle reti di Hideto Suzuku al 36′ e Masashi Nakayam al 45′, sconfisse in finale gli iraniani dell’Esteghlal il 30 aprile 1999 a Teheran. Il resto degli anni ’90 avevano visto dominare gli iraniani dell’Esteghlal e PAS Teheran rispettivamente nel 1991 e 1993, l’Al-Hilal nel 1991, i thailandesi del Thai Farmers Bank nel 1994 e 1995 e la tripletta sudcoreana del Seongnam Ilhwa Chunma nel 1995 e del Pohang Steelers nel 1997 e 1998.

Il nuovo millennio si aprì con i campioni in carica del Jubilo Iwata che raggiunsero di nuovo la finale per sfidare l’Al-Hilal. La squadra di Shizuoka infatti, arrivò prima nel girone dei quarti di finale composto dalle estremorientali Suwon Samsung Bluewings, Sinthana e i connazionali del Kashima Antlers: con una doppietta di Dmitri Radchenko misero k.o i thailandesi del Sinthana, mentre nel derby contro il Kashima Antlers ci pensò il compianto Daisuke Oku a far vincere l’incontro 1-0. Infine, vinsero 1-0 anche contro i sudcoreani del Suwon grazie alla rete di Toshiya Fujita al 19′. In semifinale, i sauditi dell’Al-Hilal contro il Suwon segnarono all’11’ con Sergio Ricardo arrivando fino al fischio finale con quel risultato, mentre il Jubilo Iwata decise la partita contro gli iraniani del Persepolis FC nel secondo tempo di gioco con le reti di Naohiro Takahara al 67′ e Masashi Nakayama al 90′. L’Al-Hilal, non estraneo alle finale asiatiche, riemerse con una nuova generazione: il portiere Mohamed Al Deayea è stato il numero uno indiscusso dell’Arabia Saudita rappresentando la nazionale ai Mondiali del 1994, del 1998, del 2002 e del 2006, l’iconico attaccante Sami Al-Jaber è stato una bandiera sia per l’Al-Hilal che per l’Arabia Saudita giocando anch’egli in tutti e quattro i Mondiali a fianco del suo collega e amico portiere; entrambi campioni d’Asia con la nazionale nel 1996. A guidare la squadra c’era Anghel Iordanescu che aveva portato la Staua Bucarest e la nazionale rumena a grandi successi, tra cui vincere la Coppa dei Campioni da giocatore e raggiungere la finale da allenatore. Venne portato nella penisola arabica nella speranza di ottenere lo stesso livello di successo con l’Al-Hilal.

Mohammed al-Deayea

Il brasiliano Sergio Ricardo caratterizzava un’ottima forza d’attacco al fianco di Al-Jaber. Il duo aveva sbaragliato la difesa sudcoreana in semifinale con un cross dell’attaccante saudita per il collega brasiliano che andò a insaccare portando la squadra in finale. Ma, dopo aver sconfitto la squadra sudcoreana favorita, si presentava un ostacolo ancora più massiccio: i rappresentanti del Giappone del Jubilo Iwata avevano fatto irruzione a pieni voti con tre vittorie e nessuna rete subita nel girone.

Oltre 70.000 spettatori si riversarono nel King Fahd Stadium di Riyad e l’Al-Hilal non aveva intenzione di deludere i loro appassionati sostenitori. Dopo due minuti dal fischio d’inizio, Nawaf Al-Temyat, aspirante calciatore dell’anno, venne atterrato al limite dell’area di rigore giapponese e l’arbitro assegnò un calcio di punizione agli arabi. A batterlo fu Sergio Ricardo che segnò mandandò in visibilio la folla. Ma la risposta degli ospiti non si fece attendere, rimontando 2-1 al’18’ con Masashi Nakayama e al 19′ con Naohiro Takahara regalando tanta gioia alla minoranza dei tifosi giapponesi presenti allo stadio. Per tutto il secondo tempo, il risultato rimase stabile, il Jubilo Iwata si sentiva vicino alla conquista del secondo trofeo consecutivo e molti tifosi sauditi iniziarono lo stadio in anticipo. Coloro che rimasero invece, vennero premiati con alcuni dei momenti più emozionanti nella storia della competizione poiché, al due minuti dal termine, il terzino destro Ahmed Al-Dokhi avanzò nella metà campo giapponese e consegnò un cross che venne accolto da un classico colpo di testa in tuffo di Sergio Ricardo: 2-2 e si va ai supplementari. Al 102′ l’instancabile Al-Jaber si lanciò in solitaria sulla fascia sinistra, battendo due difensori giapponesi prima di raddrizzare Sergio Ricardo che trovò il golden goal riportando la squadra in vantaggio e alla seconda vittoria storica dopo quella del 1991.

Dopo quella magica vittoria, per anni l’Al-Hilal non giocò una finale ma, il il resto calcio saudita non rimase a bocca asciutta: nel 2004 e nel 2005, l’Al-Ittihad vinse la competizione. Stessa cosa il Giappone con l’Urawa Reds nel 2006 e il Gamba Osaka nel 2008. L’Al-Hilal ritornò a disputare una finale soltanto nel 2014, contro gli australiani del Western Sydney Wanderes, in quello stesso stadio che li vide alzare il trofeo in cielo nel 2000 ma una sconfitta per 1-0 traumatizzò i tifosi. In effetti i sauditi hanno sempre apprezzato l’affrontare le avversarie giapponesi: tre dei sei trofei, tra AFC, Coppa delle Coppe e Supercoppa d’Asia, sono state vinte contro squadre giapponesi, tra cui, oltre lo Jubilo Iwata, anche Nagoya Grampus, Shimizu S-Pulse e Urawa Reds. Quest’ultima venne battuta 3-0 nel 2019 come vendetta del 2017 dove a vincere furono invece i giapponesi 2-1.

Una vera e propria bestia nera asiatica l’Al-Hilal per le squadre giapponesi che, sia contro il calcio sudcoreano che quello saudita, si ritrovano a onorare questa rivalità. Soprattutto quando in campo scendono le nazionali: dopo il Nikkansen, cioè il derby estremorientale contro la Corea del Sud, il calcio nipponico si contende la supremazia di tutto il continente asiatico contro la mediorientale Arabia Saudita che infatti, nell’ultimo scontro valido per le Qualificazioni al Mondiale 2022, i Samurai Blue hanno ricevuto un’accoglienza piuttosto discriminatoria da parte della curva saudita facendo infuriare il capitano Maya Yoshida che non ci ha pensato due volte a puntare loro il dito nervosamente.

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