La prima volta: l’esordio del Giappone al Mondiale di Francia ’98

L’intero continente asiatico non aveva mai brillato calcisticamente durante il secolo scorso, fatta eccezione per gli ottavi di finale raggiunti dall’Arabia Saudita a USA ’94 e i quarti per la Corea del Nord a Inghilterra ’66. Infatti, nelle varie edizioni, la Corea del Sud, che contava il maggior numero di apparizioni, seguita da Iran, Israele, Kuwait, Iraq e Indonesia, avevano fatto sempre da “nazionale tappeto”.

L’allargamento del torneo da 24 a 32 squadre partecipanti, voluto dalla FIFA a cominciare dall’edizione francese del 1998, regala più possibilità a paesi e federazioni fino ad allora tagliati fuori. L’Asia, ad esempio, che sino al Mondiale americano del 1994 aveva potuto portare massimo due nazionali, vede raddoppiare la possibilità e in Francia si presenta con la già nota Corea del Sud, l’Arabia Saudita, l’Iran (che vince lo spareggio intercontinentale contro l’Australia) e il Giappone che mai prima d’ora aveva raggiunto la fase finale, ma che all’alba degli anni novanta ha vissuto un notevole incremento degli investimenti del paese attorno al calcio e che, soprattutto, deve prepararsi al Mondiale che ospiterà assieme alla vicina Corea del Sud nel 2002. La nazionale nipponica viene da sempre soprannominata con l’appellativo di “Samurai Blue” poiché il colore della maglia che indossano è blu a differenza delle due Coree e della Cina che vestono il rosso. Conosciuta dal resto del mondo più che altro per il manga e anime “Captain Tsubasa” (intitolato Holly e Benji in Italia), vantava comunque di una Coppa d’Asia vinta nel 1992 e di una medaglia di bronzo conquistata alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 battendo la nazionale di casa nella finale per il terzo posto.

C’è curiosità attorno ai giapponesi quando il 16 novembre 1997 battono per 3-2 l’Iran conquistando il primo storico accesso alla fase finale di un Mondiale, a meno di dieci anni dall’istituzione del campionato nazionale, la J League, che ha consentito maggiore preparazione ai calciatori sia a livello tecnico che tattico. Nel 1993 avevano sfiorato per un pelo la qualificazione al Mondiale a stelle e strisce dopo un incontro finito in pareggio contro l’Iraq a Doha quando invece serviva la vittoria obbligatoria. Sempre in Francia, il Giappone avrebbe dovuto fare la sua prima comparsa nella coppa del mondo già nel 1938. Tuttavia, a quella nazionale venne imposto dall’allora Primo Ministro Hideki Tojo il ritiro forzato e il richiamo alle armi a causa dello scoppio della seconda guerra sino-giapponese che confluì poi nel secondo conflitto mondiale.

Takeshi Okada

Nel sorteggio di inizio dicembre del 1997, al Giappone tocca il gruppo H assieme ad Argentina, Croazia e Giamaica. La qualificazione per gli ottavi appare subito tosta, però l’obiettivo è quello di crederci. Il commissario tecnico è un giapponese genuino, si chiama Takeshi Okada, ha quarantadue anni, molto preparato e possiede una calma imperiale oltre che una spiccata ambizione: “Non andremo in Francia a farci prendere in giro!“, dice con fierezza prima della partenza per l’Europa, destinazione Svizzera per il ritiro pre-torneo, sosta che purtroppo costerà l’infortunio alla stella della squadra, l’attaccante Kazuyoshi Miura, che nel suo curriculum comprende molteplici titoli vinti con il Tokyo Verdy ed esperienze in Sud America ed Europa, tra cui in Italia, nel Genoa durante il campionato di Serie A 1994/1995. Viene perciò rimpiazzato da un altro attaccante, Shoji Jo, che in futuro andrà a giocare in Liga spagnola. Per fortuna, la squadra può contare su un’altra stella, ovvero il centrocampista Hidetoshi Nakata, che proprio nell’estate del 1998 sbarcherà anch’egli in Italia per giocare con ottimi risultati, a differenza del suo precursore Miura, nel Perugia, poi Roma dove vincerà uno scudetto, Parma dove invece conquisterà una Coppa Italia, Bologna e Fiorentina. Anche del centravanti Nakayama si parla molto bene osservando la popolarità che ha in patria, nonché del centrocampista Okano dai lunghi e lisci capelli neri e dalla carnagione abbronzata, quasi un Mark Lenders verrebbe da dire, che ha segnato la rete di qualificazione contro l’Iran diventando l’idolo del paese. C’è addirittura un gaijin, che in giapponese significa letteralmente “persona esterna (al Giappone)”, cioé colui che non è nativo, non è del luogo, e si chiama Wagner Lopes, attaccante di origine brasiliana naturalizzato giapponese, che dal 1987 al 1998, ha segnato tantissime reti giocando nello Yokohama Marinos, Kashiwa Reysol, FC Honda e Shonan Bellmare. In precedenza, tra i Samurai Blue avevano militato altri due gaijin, il primo fu Kin, un sudcoreano costretto negli anni ’30 a giocare con il Giappone poiché la Corea del Sud era sottomessa a protettorato dell’Impero giapponese mentre il secondo fu Ruy Ramos, anch’egli brasiliano d’origine e leggenda del Tokyo Verdy che cotribuì alla vittoria della Coppa d’Asia 1992, disputata per la prima volta in casa.

Il 14 giugno 1998 avviene il debutto dei Samurai Blue in coppa del mondo a Tolosa contro l’Argentina. Sembra proprio un episodio di Captain Tsubasa, quando i protagonisti del manga si trovano ad affrontare i giganti del calcio occidentale. In questo caso, tra i nomi di questi colossi, ci sono Batistuta, Simeone, Balbo e Crespo. La gara è difficile e vede Batistuta insaccare il pallone nella rete alle spalle del portiere giapponese Yoshikatsu Kawaguchi ma, grazie alla natura della loro indole, i Samurai Blue vendono cara la pelle, con concentrazione difendono alla grande, ogni tanto riescono ad attaccare e per poco non trovano il gol con Eisuke Nakanishi. Una partita che sarebbe potuto terminare tranquillamente 1-1 oppure 0-0 qualora i giapponesi non avessero pagato la disattenzione difensiva d’inizio match. Intanto, la Croazia batte 3-1 la Giamaica, anch’essa alla prima apparizione a un Mondiale, e la classifica si staglia già in quella che sembra la sua normale conclusione profetizzata. Il 20 giugno a Nantes, il Giappone se la vede proprio contro i croati: la sconfitta significherebbe lasciare anzitempo il Mondiale, ma la Croazia è forte in tutti i reparti, può schierare gente del calibro di Boban, Bilic, Asanovic, Prosinecki ma soprattutto il centravanti Davor Suker che è uno degli attaccanti migliori d’Europa. I giapponesi combattono, la loro tattica un po’ lenta ma precisa innervosisce gli avversari che, come spesso accade agli slavi, se non pescano la giornata giusta rischiano di fare anche figuracce epocali. E in un caldo pomeriggio estivo francese sembra davvero che il Giappone possa cogliere il suo primo punto al Mondiale che gli sarà utile in vista della terza e meno complicata partita contro i centramericani ma, al 77′, arriva la beffa: un innocuo cross dalla sinistra pesca Suker in area, il centravanti calcia di sinistro, il tiro non è nè potente e neanche angolato, ma passa sotto la pancia di Kawaguchi ed entra in rete, 0-1 e tristezza infinita. Un brutto colpo per il Giappone, aritmenticamente eliminato a causa del 5-0 che l’Argentina rifila alla Giamaica e che proietta sudamericani e croati a 6 punti e le altre due a 0. Peccato, passare il turno era un’impresa titanica ma la sconfitta contro la Croazia ha fatto veramente male ad una squadra e ad una nazione che con orgoglio aveva sogna qualcosa di più. Resta dunque l’ultima gara prima del rientro in patria, contro la Giamaica i nipponici possono portare a casa almeno uno o tre punti. Lione, 26 giugno 1998, i Samurai Blue affrontano i Reggae Boyz, quest’ultimi ugualmente motivati a far bella figura. Però, forse il Giappone sottovaluta la situazione, perché gioca veramente male rispetto alle prime due partite, sembra spento e demotivato, mentre i giamaicati partono in quinta e schiacciano nella porta avversarie due reti firmate Withmore che accendono letteralmente gli spalti della tifoseria giamaicano che si esibisce in danze caraibiche per la gioia. Ma, anche se troppo tardi, il Giappone reagisce e con il cuore va a segno Masashi Nakayama su assist di Lopes. C’è poco tempo per l’assalto finale e la squadra di Okada viene battuto 2-1.

Il Giappone lascia così la Francia con zero punti, tre sconfitte ed una rete segnata, ma pianta le radici per una stabilità che negli anni a venire sarà premiata, poiché dal 1998 i Samurai Blue non hanno più mancato una qualificazione, raggiungendo anche gli ottavi di finale in ben tre edizioni, ossia 2002, 2010 e 2018 e sfiorando i quarti di finale che restano il prossimo obiettivo accompagnato da quello di un sogno che fino a oggi ha fatto gioire soltanto nazionali europee e sudamericane, cioè la conquista della coppa del mondo.

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